IL POTERE DELLE PAROLE

 

 

" Nunzia del vero e del falso", come la definiva Publio Virgilio Marone nell'Eneide, la parola, in sanscito Vāc, è il suono con il quale il pensiero si esprime attraverso la voce. L'arte del pensare, come l'arte della parola sono movenze culturali che denotano lo stato  in cui versa l'intelletto di una persona e se questa è consapevole del suo dharma, ovvero del suo personale ruolo morale, etico e funzionale nella collettività. Il modo di esprimere le parole denota se siamo persone equilibrate oppure no e crea l'inquinamento acustico nello spazio e anche mentale negli ascoltatori. Quando le parole diventano troppe perchè vengono vomitate a raffica, senza discriminazione, creano uno squilibrio, un tale disorientamento nella società che le persone non credono più a quanto ascoltano e il potere intrenseco nella parola perde di valore, di consistenza, di importanza. Negli antichi testi dello yoga la parola non è solo il mezzo per comunicare ma è Śruti ovvero avere la possibilità di conoscere per mezzo dell'ascolto qualcosa di rivelato che crea Smṛti, il ricordo. Nell'antichità, il guru, il maestro, l'insegnante di yoga trasmetteva il suo insegnamento da labbro ad orecchio, cioè rivelava la sua conoscenza ad allievi che fossero in grado, a loro volta, di trasmettere i suoi insegnamenti, continunando così a mantenere vivo un lignaggio, cioè una via lineare di discendenza di una determinata materia. Questo lignaggio non esisteva solo per lo yoga ma in quasi tutti i campi di azione della società. Ognuno a prescindere che dovesse fare poi l'insegnate, lo kshatriya ovvero il guerriero, il commerciante, lo scrittore piuttosto che il politico, solo per citarne alcuni, veniva formato nella gestione etica della parola. Le parole ci portano a creare delle ottime relazioni oppure a distruggerle. La capacità di saper comunicare in un modo corretto e non violento dovrebbe essere materia di studio in tutte le scuole. In uno dei miei viaggi in India, durante una grande festa, vennero distribuiti come prasadam, ovvero come cibo che dona contentezza, dei deliziosi dolcetti accompagnati da piccoli biglietti con su scritte delle frasi. Sul mio c'era scritto " Parla meno e lavora di più".  Ho sempre ricordato quella frase ed ho capito che parlare non costa nulla ma che ogni parola ha un suo specifico valore perchè è rara e irripetibile. Infatti è possibile ripetere una determinata parola  ma non sarà mai con la stessa enfasi, la stessa intenzione e con molta probabilità non si ammanterà dello stesso significato che vogliamo trasmettere in quel dato momento. Al giorno d'oggi le parole sono intrise di emozioni senza nesso e non sono più Vāc LA PAROLA, ma suoni disarmonici spesso disconnessi tra essi. La parola può aprire e guarire, può ferire e chiudere ma può anche trasformare e oggi c'è bisogno di una trasformazione che ci porti maggiore consapevolezza. Pensiero, parola e azione spesso non corrispondono, perchè pensiamo una cosa, ne diciamo un'altra e ne facciamo un'altra ancora. La parola può ferire ma può anche guarire, può demolire e costruire e ha un potere talmente grande che una parte dello yoga è dedicata ai mantra cioè a parole che ripetute varie volte ci portano in una pratica  capace di purificare la mente. Quando i pensieri e le parole vengono repressi, le parole diventano come individui dietro le sbarre, costretti a vedere e ascoltare senza sentirsi liberi di esprimere se stessi. Al contrario quando non ci sono sbarre le parole rischiano di essere troppe e diventano un fiume in piena che crea scompiglio, dubbi, confusione, incertezze, turbamenti e perplessità. Infatti ci chiediamo se ciò che ascoltiamo sia vero o falso. Le parole possono diventare un modo per perpretare una invadenza o una violenza psicologica. A tutti deve essere concessa la facoltà di parlare e di non essere condizionati dalle parole, a tutti deve essere concessa la facoltà di crescere, vivere, respirare senza dipendere necessariamente dalla parola di un altro, senza aspettare, per sentirsi adeguati, di essere approvati dalla parola di un altro.  Mi direte che sto entrando in contraddizione, non credo. Sto cercando di dire che prima di agire dovremmo parlare, prima di parlare dovremmo pensare ma prima di pensare dovremmo coltivare l'arte del saper pensare. La conoscenza è la chiave non per parlare a vanvera ma far si che ogni parola, l'intenzione e il tono con il quale è pronunciata abbia il potere di trasformare e migliorare la qualità della vita. Nella Chandogya Upanishad è scritto " Tutto ciò che hai studiato non é che un insieme di parole" e nei Veda " Io mi rifugio nella parola". A volte, quando siamo preoccupati, quando ci prende lo sconforto andiamo alla ricerca di ascoltare una buona parola e quella parola diviene il rifugio, il conforto che  può sostenere anche per la vita intera. Il consiglio è non pronunciare mai verso un altro parole che a noi non farebbe piacere ascoltare ma dire all'altro ciò che vorremmo sentirci dire, ricordandoci che tutti siamo alla ricerca della felicità. Le parole servono a creare un dialŏgus ovvero un confronto dove tutti gli interlocutori abbiano la possibilità di prendere parte a un incontro di pensieri, di emozioni, di sentimenti,  atto ad unire e non a dividere come ultimamente si vede sovente nei  dibattiti televisivi che certo non creano un esempio pacificante. La saggezza di un essere umano non si vede nel continuo intento di essere giudicante o contrario a prescindere ma nella capacità di saper ascoltare e dialogare con gentilezza, proferendo parole costruttive atte a trovare delle soluzioni edificanti per il bene comune. La parola è un'arma molto potente che può creare scontri e dividere in pochi secondi ma può essere usata nel tempo per unire ciò che è diviso. Una società divisa, seppure il confronto sia sempre auspicabile, non costruirà granchè ma una società capace di interloquire, con sapienza, equilibrio e unità, seppure esponendo visioni culturali o politiche differenti,  creerà grandi cose per un futuro migliore. Adriana Crisci Copyright