La serenità è uno stato costante dell'essere, è un modo di attraversare l'oceano della vita con l'equilibrio di tutte le nostre parti. Una quiete momentanea o il convincerci di certe situazioni ci deve far riflettere se lo stato che proviamo è temporaneo o permanente.
La serenità temporanea è quella pausa tra gli stati di agitazione e irrequietezza, mentre la serenità dell'essere è uno stato permanente che nasce in seguito al costante lavoro che abbiamo fatto dentro di noi per trasformare, equilibrare i contrasti ed accettare tutte le parti frammentate di noi.
Per questo lavoro sono necessari amore e pazienza. Amore per noi stessi e pazienza nell'attuare una reale trasformazione.
A volte ci allontaniamo da situazioni spiacevoli e così pensiamo di averle elaborate o che non siano esistite. Le abbiamo semplicemente relegate in una parte profonda di noi, come dire immagazzinate in una parte non conscia e così ci accontentiamo della vita.
E' l'agitazione della mente che provoca la sofferenza, poiché questa creatura sofisticata salta, come una scimmia, da un pensiero ad un altro e fa la spola tra raga e dvesa, ovvero tra il senso di attrazione e quello di repulsione.
Quando siamo davvero tranquilli allora abbiamo la capacità di vivere le relazioni in maniera trasparente e consapevole, mentre se adottiamo sempre le stesse strategie nel vivere il rapporto con gli altri, allora ci illudiamo di aver trasformato la nostra mente. Armonizzare la mente, il corpo, le emozioni, la parte spirituale, ci porta ad avere un respiro che scorre, ad avere vera serenità e ad aprirci alla vita.
Seguire il dharma e la moralità della nostra coscienza ci aiuta ad andare verso percorsi di serenità, perché non possiamo far finta di non aver agito in certi modi nel passato. Guardare le cose per quello che sono, accettarsi e accettare gli altri, tutto questo porta alla serenità.
L'egoismo, la chiusura, il pensare solo a se stessi e alle proprie necessità, l'assenza, possono portare alla serenità?
Lo spirito di sacrificio, la presenza, il seguire la retta via, l'ammettere i propri errori, gestire con equanimità le relazioni, rispettare gli altri e non trattarli con indifferenza, questo porta alla serenità.
La serenità è come le acque di un lago tranquillo, anche quando la goccia le increspa, in maniera armonica le acque formano tanti cerchi concentrici, aprendosi all'esterno, non chiudendosi all'interno.
Ieri ho tenuto un incontro con dei giovani e le loro domande sono state attente ed interessanti. Alla fine è venuta fuori una piccola storia:
" Un giovane aveva avuto la possibilità di incontrare il suo maestro, ma non lo aveva riconosciuto e si era allontanato da lui, ritornando alla vita illusoria del mondo. Nella sua mente rimaneva il ricordo del suo maestro e di tutto quanto aveva vissuto con lui, tuttavia non si riusciva a distaccare dalle attrattive mondane. Dentro di lui si alternavano momenti di agitazione seguiti da momenti di apparente calma. In fondo aveva sacrificato le aspirazioni della sua vita e la parte più interiore di lui era conscia di aver lasciato un percorso a metà. A volte sentiva il richiamo del maestro, ma rimaneva in silenzio e così passarono i giorni, le settimane, i mesi e gli anni. Un giorno, ritornato nella sua città natale, camminava per le vie e improvvisamente sentì di avvicinarsi al luogo dove aveva trascorso alcuni anni in compagnia del maestro. Entrò all'interno e rivede il maestro intento a svolgere sempre le stesse pratiche con altri allievi. Il giovane sentì una stretta al cuore e andò via con le lacrime agli occhi. Ritornò alle sue occupazioni, mentre era preso dal ricordo di quanto aveva lasciato e dalle proprie tendenze che lo portavano lontano dal percorso della conoscenza........".
Poiché si era fatto molto tardi non abbiamo completato la storia. Mi sono ripromessa di farlo al prossimo incontro con i giovani allievi.
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