Mi è venuta in mente una simpatica storia di una bambina e un elefante considerato un simbolo di forza ma anche di saggezza. E' una storia che amo molto perché mi ricorda come le incomprensioni possono essere risolte con la comprensione. Le incomprensioni sono quegli ostacoli che rendono la vita un po complicata sia dentro che fuori ognuno di noi. Ho fatto e realizzato varie cose nella mia vita eppure qualcuno pensa che io sia una persona poco concreta e molto filosofeggiante, forse perché la mia indole mi porta a viaggiare in dimensioni utopistiche che non sempre sono facili da vedere e comprendere, ma anche il mio percorso yogico mi fa andare in livelli più sottili e meno apparenti dell'esistenza. Ritornando sull'argomento di questo post, sono certa che le incomprensioni possano trasformarsi in comprensione, quando le persone attuando la forza del coraggio decidono di sedersi a un tavolo, guardarsi negli occhi e parlarsi. Alcune volte capita che parole dette o scritte siano interpretate in maniera diversa da quella che era l'intenzione originale e poi non c'è occasione di chiarire. Le persone ci danno un ruolo e noi lo diamo a loro ed è difficile scardinare la visione che gli uni hanno degli altri.
C'era una volta un elefante che viaggiava su un topolino. Il topolino era più piccolo dell'elefante ma molto insidioso (come pretendeva il topolino così piccolo di portare e sopportare il peso di un elefante così grande? Faccio finta di non capirlo!) era quel piccolo ego intriso di emozioni discordanti. Il topolino ( ego) faceva di tutto per sedurre l'elefante e a volte ci riusciva anche ma subito l'elefante, con la sua saggezza, calmava i facili entusiasmi, le facili e false vittorie del topolino. Al topolino non piaceva condurre a spasso l'elefante, avrebbe preferito essere lui a cavalcare l'elefante e a dominarlo, ma può la saggezza essere dominata dalla illusione e dalle emozioni distorte? Succedeva però che, giorno dopo giorno, il topolino comprendeva sempre di più come non potesse fare a meno della forza e della saggezza dell'elefante e così decise di dirglielo. Fu allora che si sedettero sullo stesso piano e iniziarono a parlare come due vecchi amici, scoprendo così che erano inseparabili da un'eternità. Il topolino si sentì protetto dall'elefante e decise di affidarsi alla sua saggezza, la sua vita cambiò, non doveva più lottare e creare ritorsioni ma si sentì libero, finalmente libero e comprese che la vera libertà arriva quando in noi non albergano più pregiudizi e giudizi, quando stiamo bene ovunque siamo, quando siamo aperti e ricettivi alle parole degli altri e non le interpretiamo a seconda del nostro personale pensiero, quando non siamo prevenuti e ci affidiamo a quella saggezza che, nascosta dentro di noi, non aspetta altro che essere scoperta. Le incomprensioni oggi dominano tutte i tipi di relazioni e sono causa di distacchi, conflitti, separazioni. Il chiarimento, la comprensione rendono la vita più facile da percorrere perché alla fine siamo felici solo quando viviamo delle relazioni soddisfacenti e la prima è quella che abbiamo con noi stessi. L'elefante mi ha insegnato tante cose. Non sono facili da condividere perché spesso ci accontentiamo di galleggiare in superficie piuttosto che immergerci nella vasta profondità del nostro essere e di quello altrui. Sarebbe bello vivere delle relazioni semplici, non complicate, fatte di autenticità, che diano la possibilità di esprimersi liberamente senza preoccuparsi che l'altro possa fraintendere. Relazioni sincere....fatte di reciproche confidenze e consigli. Il topolino è l'ego che abita dentro ognuno di noi. E' come un bambino piccolo ed è solo quando diveniamo disponibili ad aprirci alla saggezza e ci lasciamo portare dalla sua forza che avviene la vera trasformazione. Allora diveniamo liberi di vivere, di discriminare tra la verità e la falsità e di accettare gli altri per quello che sono coltivando l'attitudine all'accoglienza.
Namastè
Adriana
Carmelo Orazio Ansaldo
RispondiEliminaMolto belli
Antonio Visconti
RispondiEliminaAdriana, bella e ampiamente condivisibile la parabola metaforica, aggiungerei però che in alcuni casi rende tutto più arduo (almeno per me), l'imprescindibilità dell'empatia, che non è altro che una sorta di connessione mentale necessaria per comunicare. Quest'ultima presuppone un'univocità di linguaggio verbale (e non verbale), che può scaturire esclusivamente da un'improbabile e difficile attitudine ad esperire le altrui sensazioni, ovvero volta a percepire sulla propria pelle il dato esperienziale della persona con cui si tenta di interagire.